Rotolavamo felici.
La discesa era soffice e profumata dall'erba che andavamo man mano schiacciando coi nostri corpi che ruzzolavano sotto al sole cocente di giugno. In quel gioco infantile, il celeste opalino del cielo si andava accendendo e spegnendo nel rotolio...azzurro – verde – azzurro – verde - azzurro…in una deliziosa intermittenza di colori e grida che sembravano quelle di due bambini.
Non ricordo a chi dei due fosse venuto in mente, ma era stata davvero un’idea fantastica. Non avevo mai fatto quel gioco neanche da piccola e in quel momento mi trovavo a lasciarmi andare su quel campo, come se non avessi fatto altro in vita mia.
Era, come dire?... Liberatorio…
Giungemmo alla fine della discesa sudati, affannati, sporchi di fili d’erba e fieno e restammo distesi con gli occhi chiusi, in un languore molle, dorato.
Lasciai che il battito del mio cuore andasse fermandosi a poco a poco, piano piano.
- Hai tutta la faccia sporca d’erba e terra! Sembri una squaw… –
L’ombra della tua testa mi sovrastò all’improvviso, frapponendosi tra me e il cielo.
Socchiusi lentamente le palpebre sul tuo viso atteggiato in una smorfia, ma avevi gli occhi che brillavano così intensamente da sembrare quasi trasparenti.
Poi mi hai sorriso.Un sorriso dolce, ingenuo, come quello di un bimbo.
O forse, pensai, è semplicemente cosi che può sorridere un uomo quando è felice.